Onorevoli Colleghi! - Nel corso della XIV legislatura il Parlamento ha discusso in modo approfondito il delicato e rilevante tema della riconoscibilità e della tutela dei prodotti italiani, pervenendo ad un testo largamente condiviso che tuttavia non è stato approvato in via definitiva. La presente proposta di legge ripropone quel testo, che si poneva l'obiettivo di tutelare sia la grande industria del design italiano, sia le piccole e medie imprese del «made in Italy» che producono in Italia, a fronte del crescente afflusso di prodotti a basso prezzo provenienti dall'estero.
      Il testo in questione prendeva atto della valutazione della Commissione europea, espressa nel parere circostanziato emesso il 24 ottobre 2005 ai sensi della direttiva

 

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98/34/CE sulla procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche, secondo cui un marchio nazionale che attesti la localizzazione sul territorio italiano di tutti i processi di fabbricazione di un prodotto non è compatibile con il principio di libera circolazione delle merci nel mercato interno. In particolare, tale previsione è in contrasto con l'articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea e con gli articoli 22-26 del codice doganale comunitario, di cui al regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992, che identificano il Paese d'origine come quel «Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».
      Inoltre, la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) prevede, all'articolo 4, comma 61, la possibilità di disporre una «regolamentazione dell'indicazione di origine o l'istituzione di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte sul territorio italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine». Il comma 63 del medesimo articolo 4 dispone che «le modalità di regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione ed uso del marchio di cui al comma 61» sono definite con un apposito regolamento, che ad oggi non risulta essere stato emanato.
      Va inoltre ricordata la sentenza della Corte di cassazione n. 34103 del 19 aprile 2005, secondo cui l'etichettatura «made in Italy», apposta su un prodotto non realizzato in Italia ai sensi della normativa europea sull'origine (luogo di ultima sostanziale lavorazione), configura il reato di cui all'articolo 517 del codice penale sulla vendita di prodotti industriali con segni idonei a trarre in inganno il compratore, in quanto il consumatore «potrebbe essere indotto ad acquistare un prodotto proprio solo in quanto fabbricato (o non fabbricato) in un determinato luogo geografico [...] e ciò in base alle più svariate considerazioni soggettive, non necessariamente attinenti alla qualità del prodotto stesso».
      La presente proposta di legge considera inoltre la proposta di regolamento comunitario relativo all'introduzione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine sull'etichettatura di taluni prodotti importati da Paesi terzi [COM(2005) 661 definitivo], finalizzata a porre rimedio alla posizione di svantaggio della Comunità europea rispetto ai suoi partner commerciali come Canada, Cina, Giappone e Stati Uniti, i quali già impongono l'obbligo di un marchio di origine sulle loro importazioni.
      Tale proposta di regolamento rappresenta un importante passo in avanti, in relazione alla necessità di assicurare una corretta informazione ai consumatori, i quali attribuiscono un importante valore commerciale all'informazione sull'origine geografica di un prodotto, e di tutelare la competitività dell'industria comunitaria; essa tuttavia risolve solo in parte l'esigenza di tutela delle piccole e medie imprese italiane che producono in Italia. A tale fine potrebbe essere ipotizzabile la previsione di un'indicazione di qualità della produzione riferita anche agli aspetti sociali e ambientali e non solo al luogo geografico di origine.
      Il testo della presente proposta di legge ha tenuto conto inoltre degli ulteriori rilievi sollevati dalla Commissione europea nel citato parere circostanziato del 24 ottobre 2005, inerenti le disposizioni relative alla carta d'identità dei prodotti «made in Italy» (articolo 10), alle campagne di promozione del marchio (articolo 11), all'obbligo di etichettatura d'origine dei prodotti realizzati in Paesi extracomunitari (articolo 7), all'etichettatura delle calzature e dei dispositivi di protezione individuale (articolo 8), discusse durante la scorsa legislatura.
      L'articolo 1 istituisce il marchio «100 per cento Italia» e ne definisce l'ambito di applicazione in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea. Si stabilisce che si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione
 

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e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti dalla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.
      L'articolo 2 prevede che il marchio di cui all'articolo 1 sia concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dal progetto di legge medesimo. Ad esempio che il marchio dovrà essere apposto in forma indelebile e non sostituibile sul prodotto finale in modo da non ingenerare confusione nel consumatore, affinché risulti chiaro che tale marchio è relativo all'intero prodotto e non ad una sola parte o componente di esso.
      L'articolo 3 stabilisce le modalità e i requisiti per la concessione del marchio: modalità della domanda alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente; autocertificazione circa il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente; attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte integralmente sul territorio nazionale; attestazione che sul prodotto sono state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.
      Il marchio è rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico che può autorizzare al rilascio del marchio consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, o di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio. È inoltre istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio.
      L'articolo 4 riguarda i controlli sulle autocertificazioni da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
      L'articolo 5 prevede che le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio attestino ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero dello sviluppo economico, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del marchio. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, i consorzi di imprese e gli istituti e i consorzi di certificazione a tal fine autorizzati (individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico) effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti. Il Ministero dello sviluppo economico puó comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio. Sono previste forme di collaborazione tra camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e il Corpo della guardia di finanza finalizzate ai controlli. Nel caso in cui i controlli o gli accertamenti facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo del marchio, il Ministero dello sviluppo economico revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio stesso. Il Ministero dello sviluppo economico provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.
      L'articolo 6 stabilisce le sanzioni alle imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio. L'uso illecito del marchio è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale e del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.
      L'articolo 7 istituisce un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve
 

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comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.
      Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi il produttore o l'importatore devono fornire anche informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e del commercio internazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura e sono definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui all'articolo 7.
      L'articolo 8 specifica che le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea e per quelle qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta deve riportare la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.
      L'articolo 9 modifica l'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, aggiungendo alcuni periodi volti a specificare nel caso dei prodotti tessili che per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta deve riportare anche la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore tali informazioni possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento.
      L'articolo 10 stabilisce che la denominazione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal citato regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, sia accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi. I contenuti e le modalità applicative di quella che è una vera e propria carta d'identità dei prodotti Made in Italy sono stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, il Ministero dello sviluppo economico, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56,
 

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svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione dei fenomeni di contraffazione della carta d'identità medesima.
      L'articolo 11 prevede che il Ministero dello sviluppo economico possa predisporre campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale e sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Il Ministero dello sviluppo economico provvede inoltre alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169. Le imprese facenti parte di distretti industriali (articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317) e di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati.
      L'articolo 12, comma 1, estende l'applicazione delle disposizioni della legge, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti; il comma 2 esclude espressamente dall'ambito di applicazione della legge la categoria dei prodotti alimentari, alla quale continua ad applicarsi la disciplina prevista dal decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.
 

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